La Corte Suprema degli Stati Uniti ha stabilito che il DNA umano non possa essere oggetto di brevetto.
La decisione, nata da un caso riguardante la Myriad Genetics Inc., ha portato la Corte, composta da nove saggi, a stabilire la possibilità di brevettare materiale genetico prodotto in maniera sintetica ma non sia possibile brevettare tramite geni estratti dal DNA umano. La decisione arriva a meno di un anno da una decisione della Corte Federale di Washington, totalmente difforme da quanto stabilito dalla Corte Suprema. Lo scorso agosto la Corte Federale aveva accolto le istanze della Myriad Genetics Inc., titolare di un copyright su i geni Brca1 – presente in Angelina Jolie per cui la stessa ha optato per la doppia mastectomia – e Brca2. La Corte di Washington aveva riportato nel proprio dispositivo che “tutto discende dalla natura, e segue le sue leggi, ma i composti di cui parliamo non lo sono” e, pertanto, brevettabili.
L’Unione Americana per le Libertà Civili, promotrice della causa iniziale, si era riportata alla naturalità dei geni e, per loro natura, non soggetti a domande di brevetto. Adesso l’Unione vede riconosciute le proprie istanze.
Secondo uno studio, condotto dalla Cornell University di New York, su oltre 40mila domande di brevetto, il fenomeno della brevettazione del genoma umano pone a serio rischio la libertà genetica degli individui in quanto, analizzando i brevetti depositati hanno scoperto che si riferiscono a frammenti lunghi di DNA, coprendo così il 41% del genoma umano. Considerando anche i frammenti minori si arriva al 99,99% del genoma. Tutelando i frammenti lunghi con un brevetto si andrebbero ad infrangere anche i frammenti minori contenuti – di esempio il brevetto sui geni Brca1 e Brca2.
La decisione ha diviso e continuerà a dividere l’opinione pubblica, e il mondo scientifico, tra soggetti favorevoli e non favorevoli alla brevettazione di genoma umano non sintetico.